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Correlazioni astratte
in mostra opere recenti, in tecnica mista, dei tre artisti aniconici dell’area campana: Eduardo Ferrigno, Antonio Izzo, Gianni Rossi
Comunicato stampa
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CORRELAZIONI
ASTRATTE
Eduardo Ferrigno Antonio Izzo Gianni Rossi
opere recenti
Da anni Eduardo Ferrigno, Antonio Izzo e Gianni Rossi saggiano i loro
studi e i loro interventi in mostre di gruppo; hanno voglia di
esprimersi, di “esserci”, di discutere.
E’ chiaro che la prospettiva del domani è nell’attualità dell’arte.
Il loro procedere è un gioco sottile di rimbalzi; orizzonti, profili,
panorami s’interconnettono nelle frontiere comuni.
Oggi abbiamo bisogno di bellezza e di sogni; "La bellezza salverà il
mondo" afferma il principe Miškin nell'Idiota di Dostoevskij e “Siamo
fatti della stessa sostanza dei sogni” scrive il grande drammaturgo
seicentesco che fu Shakespeare, nella sua opera “La tempesta”.
Il loro cammino è accattivante, va verso il “bello” e il loro impegno è
sincero; finitime sono le loro impostazioni, e, tra le loro opere, si
colgono, si avvertono e si percepiscono “scambi di confine”, nell’alveo
di produzioni serissime e nel concreto ventaglio di traguardi raggiunti,
già, coerentemente, alle spalle.
Eduardo Ferrigno con la sua pittura riesce a incardinare assi con
giustapposizioni, che attirano interessi; insomma, verticalità
dimensionano un “assett” centrale, chiaro e netto.
Con questi ultimi lavori distribuisce con acutezza impianti finemente
investiti dalle qualità cromatiche dell’oro, sino a coinvolgere
cromatismi forti, carichi.
I soggetti hanno voglia di conquistare lo spazio, anzi tentano di
sedurlo e d’invaderlo, pienamente.
Questa costante si capta dalla dinamica, dichiarata ed estrema, di
intriganti penetrazioni e incursioni, che intendono significare
presenze.
Eduardo Ferrigno codifica la redazione delle sue opere con impasti
cromatici solidi, convincenti e compatti, perché si riveli un misurato
senso tattile, quasi di corporeità, e per favorire, al massimo,
l’assunzione icastica della scena.
Nella discrezionalità rigorosa dell’impianto astratto, impostato e
strutturato, si legge e si ricava la tendenziale idea di misurare lo
spazio, ma, anche, di interpretarlo, integralmente, per possederlo e
alla fine per conquistarlo con valenti e pregnanti pluridimensioni
cromatiche.
Eduardo Ferrigno non ricorre a iconografie multimediali, ma a scandite
estrapolazioni e a gettiti emotivi personali, ed è sempre in continua
attività; impegnato, indubbiamente, a inquadrare azioni e a seminare
gesti nuovi.
L’artista cerca di dare sostanza alle attese e coglie, nelle sue
combinate plastico-pitture, certezze acute di soglie e di limiti, ma fa
di tutto perché ci siano varchi, respiri, passaggi, insomma aperture.
Il suo intendimento indugia, con severa discrezione, sull’esterno del
mondo e mantiene un giusto e pudico contatto con i sentieri del limite e
dell’estremo, che non ravvede come soglie di preclusione, come stop.
Un sentimento di riappropriazione lo spinge a colmare la tela bianca e,
allora, legge i sussulti quotidiani, mai pacifici, controllati ed
esaminati grazie ad una profonda ed estesa presa di coscienza,
compiutamente corroborata anche dalla disamina di ciò che è stato
sedimentato, e che regge, elegantemente, quasi in decalcomania,
“l’esprit du monde”.
Il “focus” dell’azione pittorica, che parte e prende spunto da vene
intimistiche, cala, poi, il suo interesse sulla rappresentazione del
reale, determinata dalla “comédie humaine”.
Eduardo Ferrigno con estrema sobrietà ha sempre cercato di esplicitare,
estroflettere e condensare con un particolare codice linguistico un
intenso carico di immagini vigorose, energiche e vivaci, in cui segmenti
e cromie potenziano e consolidano visioni e osservazioni rilevanti e
costanti.
Le sue opere riescono con l’affondo nella materia a confermare squarci
di luci e di verità, spaccati filigranati e riassunti laceranti.
L’artista forma, con significativa abilità, spessori sulla tela per
alimentare cromatismi decisi, perché palpitino equilibri di umori e
s’inseguano sfere di sentimenti.
Si riesce, così, a captare la volontà dell’artista di significare, con
tratti rinforzati ed esperti, agganciati a preposti vettori cromatici,
determinati da gesti precisi, un calibrato ventaglio di motivi e di
strutture visive.
Eduardo Ferrigno assegna a una scala polarizzata di sequenze di colori,
regolata da reticoli di sezioni, che vibrano tra torsioni
necessariamente dinamiche, concetti e pensieri alti, nonché istruite
considerazioni.
Non solo le parole, ma anche i suoi variegati segni esprimono e
dichiarano propositi, investigazioni e ci riassumono l’uomo che, seppur
dominante con la tecnologia, riattraversa i miti per by-passare e
oltrepassare la storia, ma, in definitiva, insegue libere fughe in
avanti.
Il suo itinerario pittorico, sostanziato da suggestioni iconiche, è
cadenzato da visioni aperte, nelle quali si percepiscono accadimenti
possibili, tracciati da ombre oscillanti e da presenze mutevoli.
Eduardo Ferrigno raccoglie e assembla, seguendo palpitanti visioni, che
ricontrolla con un esercizio cadenzato di spessori, tocchi cromatici e
di precisazioni strutturali.
Le modulazioni dell’artista, lontane da congetture ipotetiche o da
circuiti ingannatori, risultano franche, autentiche.
L’artista, con redazioni pittoriche caricate da tratti spezzati, riesce
ad assumere una posizione propria, agganciata, comunque, ai solchi di
ambiti di un singolare simbolismo astratto.
La sua pittura snoda sequenze e inquadrature di un universo, raccolto da
risposte di uno specchio intimo, ma che guarda anche al mondo.
Oggi, in conclusione, le ultime opere dell’artista, risultano tangenti a
una chiave più vicina all’astrazione,
Nella sequenza degli ultimi lavori si percepiscono significazioni ad
alta incidenza astratta.
I colori sono stati gradualmente scelti, conquistati, presi, ripresi,
verificati, sostanziati, calati, stesi, assunti e determinati.
Le nuove frontiere di un percorso sensibilmente astratto sagomano e
profilano campi dell’origine per intercettare e meglio intendere il
futuro.
Antonio Izzo continua a sviluppare programmi compositivi agili.
A memoria calma e raffreddata, possiamo sottolineare che la produzione
artistica dell’artista deriva da seduzioni e articolati recuperi; da
seduzioni perché ha sempre inseguito e sostanziato percorsi della sua
ricerca tentando di indagare su vari, complessi e specificati tagli
estetici e da recuperi, perché per lui nessun “materiale di risulta” può
considerarsi tale, dato che potrebbe avere ancora in sé un lancio di
sfida all’estetica.
In una complessa rete di riverberi di cuore e di segni rugosi, tutti
tesi a pronunciare una storia di rimandi estremi, e in una sorta di
affrancature emotive e di “scarabocchi”, che indugiano e indagano su
variabili “altre”, corrispondenze astratte declinano variegate sequenze
immaginative di riscontri intuitivi.
Alcuni dipinti, come ad esempio, “Elemento organico su fondo rosa”
(2016), “Verso il Golgota” (2016), “Mediterraneo” (2016), “Nello studio
del pittore” (2017), deviano su incasellamenti ed effrazioni, che
ricordano, lontanamente, in filigrana e come reliquato memoriale, la
“scia” figurale di bimbi in gioco o impegnati nella disputa de “il gioco
della settimana” – ma i ragazzini d’oggi sanno che cos’è? - presente
nella produzione di espressività gestuale di Elio Waschimps, dopo, e,
prima, di Raffaele Lippi, che fece parte del “Gruppo Sud”, insieme ad
Adriana Artiaco, Renato Barisani Raffaello Causa, Ezio De Felice, Renato
De Fusco, Armando De Stefano, Vera De Veroli, Alfredo Florio, Vincenzo
Montefusco, Federico Starnone, Mario Tarchetti, Guido Tatafiore.
Da non dimenticare che Elio Waschimps e Raffaele Lippi passarono,
successivamente, per l’informale, come cita, tra gli altri, giustamente e
pertinentemente, Renato De Fusco.
Izzo, ora, rientra con un certo carattere ed espone con una più
determinata continuità, da solo e con questo gruppo di amici-artisti.
La voglia di segmentare e approfondire per accertare reali posizioni di
giudizio combina un ductus, in cui viene tracciata la redazione di una
scrittura da corsivo dinamico al posato manifesto.
Le sue opere meritano attenzione da parte della stampa e della critica,
come le opere degli altri due amici artisti, Ferrigno e Rossi, perché
incapsulano ardenti sommovimenti, utili frazioni di ricerca e
un’incontrovertibile vertigine di riferimenti.
Con le ultime produzioni tende a esplorare, ulteriormente, i limiti e i
confini di una diversa percezione dell’arte, il che non guasta.
Antonio Izzo non è, assolutamente, ancorato alla tradizione, né è
allineato alle morbide posizioni di moda del momento, che nascono da
interessi di mercato, ma spinge a una risemantizzazione del telescopico
astratto-geometrico.
Antonio Izzo ha dalla sua differenziate esperienze e su queste ha sempre
navigato consapevole per approdare a una "cifra" di lettura, che vede
l´uomo e il suo desiderio di vita, convintamente, descritto in un
accordo dai mille risvolti.
In tele e carte collega uomo e domani, in un divenire senza tempo.
La moderna tecnologia e il suo status avanzato sono controllati,
esaminati e rilanciati in uno scenario futuribile, tra rimandi e
furbizie segniche.
La scienza sta progredendo a passi sostenuti e incontenibili e,
talvolta, si sostituisce o s’integra nella potenza ambientale decretando
problematiche, non effimere, e se l’artista rileva, dalle membrature
della natura e, chiaramente, dalle sue trasformazioni, la ricaduta, in
parallelo, geometricamente funzionale determina aggettivate elaborazioni
di temperamento astratto.
La scena composta può sostanziare una rapida sintesi e l´artista
appronta e contestualizza, con mano rapida e sicura, apparati e
risultati in soluzioni grafico-pittoriche, che stringe su formulazioni
inquiete.
Ma anche singolari associazioni intervengono in altre stesure.
Su dati aggregati, su bivalenze, su comparazioni si muove la pittura di
Antonio Izzo, tutta tesa a sottolineare stime binarie, ricerche del
doppio, strategie per multiversioni.
E negli assemblaggi di materiali di risulta combina ciò che è stato,
anche, meccanicamente in azione, con elementi segnico-cromatici
d´indubbia, invitante, lusinga estetica.
Tangibili pezzi vengono riproposti con abilità per ridisegnare possibili
rinascite.
Da condizioni obsolete si passa a condizioni di vitalità visuale,
suggerite da una creatività, e cosciente.
Se il sistema aliena, il potere dell’immaginazione può condurre altre
verifiche e rinfrancare altre segnalazioni, sino a riabilitare e a
ripristinare il già consumato per estendere una vita di fluttuanti segni
, nonché addizionate campiture.
Un sottile “stupor mundi” pervade le opere di Antonio Izzo, che vengono
fuori da un “mare magnum” di situazioni e circostanze visive e,
certamente, si sollevano dall’anestesia etica collettiva e intendono
significare, perché vogliono dire ancora qualcosa, scivolando in un
codice eminente e franco.
Da equilibri sensibili a tecniche miste indicative, di uno spedito
“melting pot” culturale, si sedimentano le dimensioni poetiche
dell’artista impegnato a pedinare preziosi sogni fantasmatici,
attraverso incredibili reliquati memoriali.
Queste opere di Antonio Izzo devono essere lette con attenzione, perché
crediamo che nelle sue elaborazioni s'innalzi il cuore dell’arte, che
inganna e rivolge a sé la ragione della ricerca.
Antonio Izzo misura il suo tempo con uno “screening” oculato, attento su
tutto ciò che trova e che può riabilitare.
In conclusione, possiamo segnalare che reintegra la percezione
dell’occhio estetico e riporta, con candore, a vivificare il “fil rouge”
dell’estrema esistenza di segni incisi, di meccanismi riabilitati e di
oggettive incidenze astratte.
Insomma, converte, in un sistema coordinato di tagli e pressioni,
dimensioni e dispositivi, perché vivano un seguito di un arco vitale.
Gianni Rossi, gioca, da sempre con titoli orientati, talvolta
intriganti, insomma appassionanti, e puntualizza con precisa chiarezza
la sua linea, sia grafica che pittorica, che ha avuto, serie dopo serie,
passo dopo passo, momento dopo momento, enunciazioni chiare, esplicite,
capaci, convinte e persuasive, senza inganno alcuno.
Con disegni e chine ha affrontato tesi e tematiche, indicate e
registrate in libri e monografie esemplari.
Il vocabolario segnico-coloristico di Gianni Rossi invita a pensare a
uno “screening” puramente giocato nello spazio dei contrappesi visivi,
degli accordi cromatici e delle sintesi geometrico-compositive.
Ma il peso, il valore degli impasti è anche giocato, in maniera
determinata con materie varie, che sceglie con argute risoluzioni.
Ma sotto c’è una mappatura metaforica e una geografia di combinazioni,
puro traslato di immaginazioni, in parte, e di assensi strutturali
reali, per l’altra buona metà; insomma, solo una lettura attenta,
profonda, combinata riesce a cogliere quanto di vigilato è sui piani
partecipi della sua pittura, che intende accogliere il mondo esterno,
che filtra nella sua anima e nelle sue acquisizioni mentali.
Ciò che è fuori pareggia con l’intimo sentire.
Più volte, nel tempo, abbiamo scritto su e per Gianni Rossi - basta
vedere le indicazioni bibliografiche dei suoi cataloghi - e sempre
abbiamo posto l’accento sulla predominanza di una voluta disposizione
geometrica di base, combinata ad accogliere un sostrato di matericità,
nell’approccio con la tela e con altri supporti.
Ma abbiamo anche informato, i lettori di quotidiani e di riviste, su cui
siamo intervenuti, che nell’esercizio pittorico di Gianni Rossi
s’espande, sulle affinate e incidenti trame e sui dinamici e pulsanti
orditi astratto-geometrici, un pregevole dettato segnico, supportato da
una tensione poetica, che pone nel gioco compositivo allusioni di
racconti, sottilmente e variegatamente affabulanti, per rendere sensi
luministici.
La linea geometrica predominante s’imbeve di tessuti materici, di
estensioni logico-spaziali armonizzate, amalgamate, connesse con spiriti
di corporeità. Insomma, la linea virtuosa s’aggancia a infrazioni
materiche, a palpitanti campiture, a reti ben impastate, dove
s’estendono motivazioni di ricerca sul senso della vita e sulla stessa
pittura.
Crediamo, che, man mano, i suoi lavori saranno sempre più apprezzati dal
mondo della critica e ogni opportuna occasione espositiva permetterà
una sempre migliore acquisizione del tracciato segnico-pittorico-poetico
che valida un percorso di attenzioni massime al mondo.
L’ attuale tracciato dall’artista Gianni Rossi posiziona commenti e
aperture. L’artista si sofferma, in modo esteso, a contenere gli
imbarazzi contemporanei e a rilanciare possibili visioni di concordia.
Per l’artista ogni mostra è: “ … Una raccolta di opere poste in
sequenza, come un divenire di tempi e realtà, di distanze e luoghi, con
un costante approccio al territorio, alla geografia di luoghi, alle luci
e alle cromie della realtà vissuta. …”.
Le sue tele si inseriscono nel filone dell’astrattismo contemporaneo in
cui a prevalere sono linee segmentate e colori volutamente accesi,
brillanti e squillanti, attraverso l’uso di acrilici, collages, impasti
di polvere di marmo e di carta, e non solo.
Semplicemente, Gianni Rossi percorre le strade dell’astrattismo di
matrice lirica, in cui eleganze curvilinee, fraseggi pittorici,
ribattute articolazioni e consistenze materiche sottolineano campiture
gravide di umori e di verità, mentre segni, segnacoli e segnali
intercettano effetti ludici e sorreggono i tagli più squisitamente
geometrici in chiave astratta.
Gianni Rossi sa bene come portare avanti la sua personale, garbata
descrizione astratto-lirico-geometrica all’interno delle ricerche delle
numerose onde astratto-informali, tanto da essere un punto di
riferimento per le nuove leve e motivo di studio per giovani studenti
universitari.
Ovviamente, è riuscito a determinare e a definire una sua cifra di
riconoscibilità, il che non è poco; anzi, è quel molto che lo potrà
sempre decisamente contraddistinguere, ma non solo nella sua terra
d’origine.
Chi studia l’astratto-lirico-geometrico deve sapere che questo codice
interpretativo è stato investigato e reso da artisti di varie
latitudini.
Gianni Rossi regola memoria e maniera, riclassifica le tonalità dei
colori, rimedia il senso del taglio per agevolare aperture e uncinare
valenze certe, in cui spessori rendono profondità reali e, altre volte,
cosmiche.
Riuscire, dopo tanti anni di integra ed esperta carriera, a essere
riconosciuto come valido interprete di un segmento qualificato, che fa
combaciare le estremità dell’astrattismo lirico e dell’astrattismo
geometrico, depone tutto a suo favore.
Oggi, Gianni Rossi nella continuità di una linea raffinata dell’arte si
pone nella folta schiera delle firme, accorsate e serie.
Il merito principale dell’artista è di aver raccolto e riattivato le sue
prese di coscienza in sviluppi vitali con un esercizio quotidiano, di
respiro e di metodo, che non lo stanca.
Oggi, più di ieri, prosegue nell’elaborare un circolo di riconsegne
estetiche, consistenti e condivise.
13
settembre 2018
Correlazioni astratte
Dal 13 settembre 2018 al 23 settembre 2019
arte contemporanea
Location
EVENTI
Grosseto, Via Varese, 18, (Grosseto)
Grosseto, Via Varese, 18, (Grosseto)
Orario di apertura
17,30-19,30.
Vernissage
13 settembre 2018, ore 17,30
Autore
Curatore